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atto terzo.— sc. v. 357

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Ripartirà Erodiade; e se il profeta
M’aprì una fossa, in quella ei fia ingoiato.
Sefora.Erode!... il guardo che su me avventasti....
Non è di sposo.
Erode.                              È.... del tuo re! — Partite.
Erodiade.[1](Ho vinto.)
Sefora.                    Erode — non m’ascolti?— Ingrato![2]
Messo.Così trattata è del mio re la figlia?
Ragion ne chieggo.
Erode.                                   La darò nel campo.[3]


ATTO QUARTO.


SCENA I.


ERODIADE e ANNA.


Erodiade.Anna, lasciami: indarno or mi ripeti
Il codardo consiglio. E qual salvezza?
Di tal salvezza più non ho speranza;
Più non ne ho brama. Il piè da questa reggia
Non moverò se non costretta, o quando
Di mia nemica intriso m’abbia il sangue.
Anna.Erodiade, fuggiam. Nuova battaglia
Perduto han l'armi galilee; ne freme
Il popolo, e t’accusa: a’ tuoi delitti
S’appone ogni sciagura. È ver, lo spade
Sinor di Roma agli Arabi vietaro
Su questo regno dilatar lo scettro;
Ma sempre amica Roma, ahi! non avremo.
Le lagnanze d’un popolo perenni
La moveranno ad ascoltarlo. Un cenno
Del superbo senato atterrar puote
D’Erode il soglio; e allor tu disperata

  1. Partendo.
  2. Parte.
  3. Partono.
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