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364 erodiade.

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Questo delitto inorridisse?... e il solo
Delitto fosse a cui d’Erode il core
Perdonar non potesse? — Un dì, ei l’amava:
E spento è mai, se a stima unito (e ad alta
Stima era unito!) amor? Questo m’astrinse,
Questo a svenarla! — Non sei tu, Barzane?[1]
— Ricordi tu miei beneficj? In doppia,
In centuplice guisa io riprodurli
Voglio su te. Nella vicina stanza
Ascondi quel cadavere; e sparisca,
Senza che il re per or contezza n’abbia.
Preparerò l’animo suo all’annuncio
Di cotal morte. Alta mercè n’avrai.


ATTO QUINTO.

Sala del convito.


SCENA I.

La Figlia d’Erodiade, ERODE, ERODIADE, splendido corteggio, Vergini, e giovani Guerrieri con arpe ed altri strumenti.

Erode.Vieni, Erodiade; ai forti arride il cielo.
De’ miei natali il dì, che tempestoso
Tanto sorgea, chi detto avria sì lieto
Al tramontar? chi detta avria sì pronta
De’ ribellanti la sconfitta?[2]
Erodiade.                                                  [3] Basta!
Erode.Deh, così perché t’agiti?
Erodiade.                                             Tacete,
O inverecondi! L’armonie non sono

  1. Ad una guardia.
  2. Si suona. Erode ed Erodiade seggono a mensa.
  3. Contiene qualche tempo il suo turbamento, indi sclama adirata agli arpeggianti.
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