< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
366 erodiade.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:371|3|0]]

Vergini.               Letizia, o vergini
               Di Galilea!
               Ecco Erodiade,
               Ecco la Dea,
     Che ai destini s’unisce del re.
Giovani.     O garzoni, o del regno speranza,
     Innalziamo del giubilo i carmi.
     Già le vergini intreccian la danza;
     Facciam plauso col suono dell’armi.
Vergini e Giovani.               Garzoni e vergini
               Di Galilea,
               Ecco Erodiade,
               Ecco la Dea,
     Onde il re quasi nume si fe’.[1]
Erode.Vedi, o regina, la tua figlia. Oh quanta
Grazia dispiega sulla lira! oh quanta
Nelle carole! Oh come t’assomiglia
Della tua infanzia a que’ felici giorni
Che obliar non poss’io, quando ad amarti
Io incominciava! quando tu ad amarmi
Incominciavi!—
Erodiade.                                   Figlia amata, vieni:
Al re piacesti!
Erode.                         Al fianco nostro siedi;
Ristorati a mia coppa. — E la tua danza
Non fia senza rimerto. Un don mi chiedi.
S’anco metà del regno mio chiedessi,
Dartelo giuro.
La Fanciulla.O madre, e che degg’io
Dal re bramar?
Erodiade.[2]Cader non puote indarno
D’Erode il giuro: piena abbia vendetta
La madre tua! si rassicuri il trono!
A che, dopo sconfitti Arabi e volgo,
Ridondano or le carceri di tanti

  1. Le vergini altre suonano, altre danzano, altre suonano danzando. Fra queste è la figlia d’Erodiade.
  2. S’alza e sclama con gioia infernale.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.