Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
368 | erodiade. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:373|3|0]]
Frementi Galilei; timor vi curva!
Ad appellarmi Dea più non sète usi;
Voce idolatra ell’ è che scandalezza
Popol di santi, a farisaico ardore
E ad insolenza contra i re tornati!
Ma non cale a Erodiade il vostro spregio:
Precipitarla non potete; accanto
Al re s’asside, e impera, e vi s’asside
Sola!
Erode. Robusto canto alzisi, e dica
Della regina imperturbata il petto.
Vergini. Chi vede
Sembiante
Di donna sì amante
D’agnel quasi crede
Le palpiti un cor.
Giovani. Ma dolcezza, perenne dolcezza
È virtute di menti codarde:
Contro agli empi la forte com’arde!
Sebben arda pel giusto d’amor.
Vergini. Abbietta
Quell’alma
Che in timida calma
Si sta, perchè inetta
A eroico vigor!
Vergini e Giovani.
Alla forte dal dolce sembiante
Ride il cor ne’ perigli di guerra.
Tuoni il ciel, si sconvolga la terra,
Visse intrepida, intrepida muor.
Erodiade.[1]E quella forte appunto Erodiade era!
Ma più nol son. Che vai menzogna? io fuggo
Solitudin; di feste mi circondo...
Perchè? — perchè me inseguon miserande,
Insensate paure! — In su mie mani,
Sulle vesti, sul suol, sulle pareti,
Sulla mia figlia vedo sangue; e vedo
- ↑ S’alza, e così pure Erode.