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372 | erodiade. |
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Dalla reggia, dal re.
Erodiade. Questi distacchi
Sefora chieder potea sola. Or quale
Fosse pur mio delitto in trucidarla,
Sefora più non è. Veruna dirmi
Creatura non puote: «Erode è mio!»
L’Onnipossente un iracondo è forse
Che vani esiga sacrifici, e stolta
Abbiezïone, o barbaro abbandono
Di tutti i cari?
Giovanni. Ipocrita! la pace
Vuoi racquistar de’ santi, e satollarti
De’ frutti del peccato.
Erodiade. Io....
Giovanni. T’offro pace;
Ma in bando ipocrisia, l’arti d’un core
Che spera invano a Dio celarsi, accordo
Empio foggiar tra penitenza e colpa!
Questo accordo è impossibile. Il malvagio
Cui truci prosperaro atti, è malvagio,
S’ei tal prosperità non si disdice,
S’ei non si rinobilita abborrendo
Un ben che a lui non dava Iddio. — T’annuncio
Che tu in soglio seduta a Erode accanto,
Ti pasceresti come pria d’orgoglio
E di corrucci e d’odii e di vendette.
Capriccioso d’Iddio non è decreto;
È natura dell’uomo, è impermutata
Necessità: non v’ha per l’empio ammenda,
S’ei non rigetti di sue infamie il frutto!
Erodiade.[1]Non v’ha, non v’ha per Erodiade ammenda!
Or tutto so. Lo sgherro aspetta. — Ei parte
Tranquillo; ed io che uccider posso, io tremo!
- ↑ Grida disperata.