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412 | tommaso moro. |
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Arrigo. O Moro ceda,
E rïasceso a’ primi gradi il voglio
Della mia corte, o tremi. Il suo rifiuto
Di sancir mio divorzio e la riforma
A lui non sol morte sarà, ma a tutti
Suoi colpevoli amici.
Moro. Il so, dannato
Già di Rochester è il pastor! ripiene
Ahi d’innocenti vittime son tutte
Del regno le prigioni!... Inorridisco,
Ma quei capi carissimi non posso
Dalla scure sottrarre, al patto infame
D’apostasia.
Arrigo. Morran!
Moro. Dio salveralli
Colà dove di forti odio non giunge!
Arrigo.Più in là che a re non lice, io la mia grazia
Vèr te recai, superbo. Ora è tua colpa,
Se il nodo, ch’io scior non volea, è spezzato.
Anna.Deh! ferma, sire.
Arrigo. In carcer ricondotto
Venga costui; si convochi il giudizio
Per condannarlo, e lui preceda intanto
Alla mannaja il vescovo suo amico.[1]
SCENA VI.
MORO, ANNA, CROMWELL.
Anna.Commosso sei. T’arrendi; ancor è tempo.
Il re ancor placherò.
Moro. Commosso io sono
Di pietà per gli amici.... e pe’ miei figli....
E per la patria.... e per te stessa, a cui,
Se il truce re non fuggi, orrenda fine
Sovrastar veggo....
Anna. Arrenditi.
- ↑ Parte.