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44 | eufemio di messina. |
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SCENA III.
Mentre ALMANZOR sta per trafiggere TEODORO, giunge EUFEMIO, seguíto da molti Saracini.
Eufemio.[1] Che fai? Nel sangue degl’inermi il brando
A’ prodi Saracin tinger non lice.
Almanzor. (Lascia libero Teodoro. Quest’ultimo ed Eufemio si
guardano a vicenda maravigliando.)
Eufemio.Che veggio? Tu!...
Teodoro. Qual voce!
Eufemio.[2] O immensa gioja!
Si, reo di morte ei fra’ viventi è il solo.
Usurpator del siciliano impero....
Sprezzator d’ogni dritto.... orribil padre,
Che a lagrime perenni unica figlia
Dannò.... l’autor di mie sciagure.... il solo,
Sovra cui delle mie parricide armi
Cadrà l’orrori
Teodoro. Nel suol natio, tu guida,
Tu di masnade al ciel nemiche?
Eufemio. A lungo
Ne’ miei primi bollenti anni felici
Patria mia venerai questa, ch’or vengo
A empir di stragi, ingrata terra. Adulto
Appena, udii me di Sicilia eroe
Acclamar dalle genti. In dieci pugne
Io l’imminente schiavitù e l’infamia
Dal vostro capo distogliea: quei Mori
Ch’or v’atterran, sommersi io quattro volte
Nell’oceàno; e già l’Africa e l’Asia,
Del tremendo mio acciar memori, il guardo
Più drizzar non ardíano a queste sponde.
E quando al greco imperadore ambisti
La Sicilia sottrarre, altri, ch’Eufemio
Compier potea quell’alta impresa? Al suono