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atto primo. — sc. iii. 47

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Ti movesse, o la tua: quelle canute
Chiome ancor venerar quasi vorrei;
D’ingannata, ma retta alma stimarti;
Compiangerti vorrei, non abborrirti;
Se non che ad abborrirti, ahi, mi costringe
La rimembranza.... di tua figlia. Esulta;
Vedi questo tremor? Chieder non oso
Di lei; morir temo d’angoscia e d’ira....
Ov’è? Al tiranno di Salerno preda
N’andò quel sì gentil, sì umano core?
Ella unita al più reo mostro che segga
Sovra trono di sangue? In lei (col ferro
O col velen ch’ei trattar usa) il pianto
Non puniva egli ancora, onde a me forse
Tributo ella porgea? Parla; respira?
O degg’io sulla sua tomba immolarti?
Teodoro.Vive; ma folle è ogni tua speme.
Eufemio.[1]                                                            Oh, vive?
La rivedrò, la strapperò dal seno
Del mio rival!
Teodoro.                              Del tuo rival la forza
Te incenerir può con tue schiere a un cenno.
Vincol tremendo....
Eufemio.                              A chi la unisce?
Teodoro.                                                            A Dio.
Eufemio.[2]Oh gioja! Al prence di Salerno preda
Ir negò Lodovica: ella ancor m’ama!
Teodoro.No, mal s’appon l’orgoglio tuo. T’abborre,
Dacchè in te vede un mio nemico: e sposa
A Sifolco saria, se acerba morte
Al vicino imeneo lui non toglieva.
In manto vedovil lungo cordoglio
La pia fanciulla conservò. Di nuove
Nozze parola indi le feci; a terra
Si prostese, con lacrime sclamando:
Padre, ti giuro, che non brama insana,

  1. Con trasporto.
  2. Si turba, o poi passa a subitanea allegrezza.
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