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atto secondo. — sc. iii, iv. 57

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Sorga colui.[1]
Teodoro.[2]                         La figlia mia! — No, questa
È un’infernale illusïon! da’ chiostri
La figlia mia non si scostava.... Ah, morte
Datemi, deh! che il vero io non discerna!
Eufemio.[3]Ella vacilla.... Oh| a lei mi guida. È dessa.
Mia Lodovica! ah! mi ravvisa: Eufemio
Son io; sempre t’amai, sempre....[4]
Teodoro.[5]                                                             — Mia figlia
In braccio a lui! fulmin non ha più il cielo.
Trafiggetemi; o almen lunge dall’empia
Vista, deh, mi traete.
Eufemio.[6]                                                  — Eccolo.[7]
Lodovica.[8]                                                                           Oh padre!
Teodoro.[9]Ti maledico!
Lodovica.                              Ah no!
Teodoro.[10]                                        Scostati.
Lodovica.[11]                                                            Io moro.
Eufemio.[12]Altrove quel crudel tigre si adduca.


SCENA IV.

EUFEMIO, LODOVICA, Saracini.

Eufemio.Ah ti conforta! a me un accento volgi,
Nè l’adorato tuo sguardo celarmi.
Perchè tremar? Di che paventi? Legge

  1. Accennando Teodoro che s'alza.
  2. Guardando verso la città.
  3. Come sopra, sostenuto da Almanzor, e protendendo le braccia verso la parte donde viene Lodovica.
  4. Corre ansando verso lei.
  5. Dopo un breve silenzio esclama.
  6. Ritorna portando quasi in sue braccia Lodovica. Ella è nel massimo abbattimento.
  7. Accennando a lei Teodoro.
  8. Per gettarsi nelle braccia di Teodoro.
  9. Con voce spaventevole.
  10. La respinge con violenza.
  11. Cadendo a terra.
  12. Soccorrendo Lodovica.
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