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60 | eufemio di messina. |
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Dava della irrompente oste infedele.
Conscio d’Eufemio alcun non era. A lui
Il segreto pensiero io volgea sola:
Chè in orribili sogni, ahi! tutta notte
Visto l’avea lottar miseramente
Fra mille morti, e di me sempre in cerca
Ir ripetendo il nome mio. Del sogno
Impressa ancor l’immagin rea mi stava,
Quando in periglio udii Messina. Il cielo
Per te a pregar, per la città, mi prostro....
Ma qual rimasi allor ch’entro il sacrario
Vidi precipitarsi il venerando
Pacomio, e intesi che prigion nel campo
D’Eufemio stavi, e che il tuo sangue a prezzo
Di mia infamia era posto? Io sulla terra
Mi gettai disperata, il dì abborrendo,
In cui pel lutto di mia patria io nacqui.
Mi confortava il pastor santo: «In breve,
» Spero (dicea), tutti lassù l’augusto
» Padre tuo rivedrem. Pria che involarti
» A questo chiostro, ognun la morte ha scelto,
» Ch’è inevitabil morte! Alla difesa
» Della città poche armi abbiam; caduti
» I più prodi già son....» Proseguía il vecchio,
Quando del monaster l’inclita madre
Sorse ispirata; e sovra l’umil capo
La sua destra ponendomi: «Betulia
» (Sclamò), Betulia era perduta; il braccio
» Di chi salvolla?» — «Di Giuditta,» io dissi,
L’arcano senso, ahi comprendendo, e tutta
Raccapricciando di terror....
Teodoro. Fia vero?
Oh glorïosa sorte! Amata figlia,
Narra: t’incuora.
Lodovica.Ahi tu di giubilo ardi.
Tu, padre!... Chi l’angoscia mia compiange?
Teodoro.[1]«Di Giuditta,» dicesti! Oh de’tuoi avi
- ↑ Invaso d’ammirazione.