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62 | eufemio di messina. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:67|3|0]]
Officio divulgossi ch’ a me il cielo
Fidava. Semiviva uscii del chiostro
Da Pacomio assistita, ah! quasi rea
Che al supplicio s'avvia. Per me pregava
Folta piangente turba: a me d’intorno
Gigli e rose spargeansi, ed al martirio
Sacre le palme: e in mezzo al pianto un inno
Di speranza e d’amor sorgea festivo
Da tutti i cuori. Ebra, il confesso, allora
Da tal prestigi mi sentii: brandisco
Alto l'acciar; Pacomio il benedice.
Alla porta m’affretto: apresi. Il ponte
Varco.... Me lassa! tutto sparve. Sola....
In campo intriso di recente sangue....
Dei saracini padiglion la vista
M’atterrisce: fuggir voglio: mi pento
Del temerario assunto.... È troppo tardi;
Un guerrier mi persegue.... Egli era.... Eufemio!
Teodoro.Con qual pietoso gemito nomarlo,
Sciagurata, osi?
Lodovica. Ah, non veduta almeno,
Potuto avessi il traditor mio ferro
In quel petto vibrar! bastante forza
In me trovata avría. Come or la destra
Contro ad uomo che in me cieco s’affida,
Che amante sua mi crede?...
Teodoro.[1] E il sei?...
Lodovica. Ci amammo,
Padre....
Teodoro. Sposa di Dio sei; nol rimembri?
Lodovica[2]Jer questo vel!... Ah! rivederti, Eufemio,
Non credea mai. Padre, tu fremi.... Rea
Di scellerato amor sono, spergiura
Al vincolo cui dianzi io mi sacrai;
Appo d’Eufemio, il ciel, l’are, la patria,
Tutto a obbliar pronta son io: deh, salva
La tua misera figlia! Eroica tempra