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atto terzo. — sc. iii, iv, v. 65

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Teodoro. Ti benedico.
Lodovica.                              No, ferma.
Teodoro.                                                            L’estremo
Amplesso dammi.... I giuri tuoi rammenta.[1]


SCENA IV.

LODOVICA.

Padre! Ei vola: uno sguardo non rivolge
Alla sua figlia: barbaro!... Che dico?
Vicina a morte.... e oltraggio ancor l’autore
De’ giorni miei?[2] Di questi orrendi giorni
L’autor!... del truce don grata esser posso?
No! il più crudel nemico mio tu fosti!
Innanzi a te sempre tremai! L’austera
Sembianza tua le mie gioje infantili
Già avvelenava: ognor d’Iddio, del trono....
D’amor paterno non parlasti mai.[3]
Oh infernali pensier!... Perdona, oh cielo,
Al mio delirio. A te vittima sacra
Jer non mi fei? Possente egida il velo
Contro a Satán non mi saria? Quel sangue
Che intorno ovunque a me rosseggia, è sangue
De’ cittadini miei: chi lo versava?...
I miscredenti! Eufemio! un parricida![4]
La fede santa e lo fraterne vite,
Sì, vendichiam; più non s’ondeggi.


SCENA V.

EUFEMIO seguíto dall’esercito che si va ordinando, Sacerdoti Saracini, LODOVICA.

Eufemio.                                                                      Amata
Sposa, che tardi? I giuramenti nostri
A udir son pronti i sacerdoti: vieni.
Ma che? dal seno mi respingi?

  1. Si stacca energicamente dalla fanciulla, e parte con Almanzor.
  2. Con amarezza e sdegno.
  3. Inorridisce di sè.
  4. Con veemenza.
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