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atto terzo. — sc. unica 69

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Tutti inaudito abbian supplicio. In fiamme
Veggo la patria: le insultanti grida
Del vincitor frammiste a’ gemiti odo
De’ moribondi cittadini: il piede
Ho guazzante nel sangue: il vel, le mani.
La faccia.... intrisa son tutta di sangue!.
E non m’uccide lo spavento? O forse
L’eterno duolo è questo già? Sì.... eterna
Di tanto eccidio, ond’empia causa io fui,
Vedrò la immagin tormentosa; morte,
Morte con disperate urla domanda:
Me più non cinge aura vita! d’inferno
La inalterabil grave aura già spiro;
Più Dio non odo questo pianto.... oh angoscia![1]
Qual truce sogno! Un sogno, sì! Tranquilla
Vita nel chiostro in penitenze e preci
Jeri scegliea.... Deh, mi scuotete, o suore,
Da questa orribil visïon. Prostrarmi
Voglio all’altare, e sempre umil....[2] No. Vero
È il mio delitto: in campo son: Messina
Arde. Nel cor paterno io del mio amante
Vibrai la spada. Oh rimembranza! un ferro
Ben altro io avea....[3] Liberatrice farmi
Potea con esso di mia patria: oh imbelle!
Ed esitai? Nel mio perfido core
Dunque si pianti: enormi havvi misfatti....
Che allor riman? ne’ regni atri d’abisso
Tosto scagliarsi, ascondersi allo sguardo
Terribile d’Iddio![4] Che sento? Alcuno
Geme. Oh tremor!
Uno de’ Guerrieri giacenti.                                        Se in ciel tu sei.... clemenza
Per me implora....
Lodovica.[5]Vaneggio? Oh voce| Un gelo

  1. È oppressa straordinariamente dall’affanno; si ferma e rimane immobile: dopo un breve silenzio si va riscotendo.
  2. Rientra in sè, e prorompe spaventata.
  3. Si trae dal seno lo stile.
  4. Per uccidersi.
  5. Non sapendo donde venga questa voce.
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