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74 eufemio di messina.

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Ch’io ti fui padre obbliar vo’.
Lodovica.                                                            Nol puoi.
Questa, un giorno a te cara, unica figlia,
Infelicissima è, quanto ella è rea!
Dal fianco tuo in eterno esiliata
Piangerà invan, te sempre amando, sempre
Perdono, e invan, chiedendoti.
Teodoro.                                                            Dio solo,
Dio solo invoca.
Lodovica.                                        È troppo tardi. Io stessa
Del superno furor voglio ministra
Farmi: il sacro pugnal serbo che il fato
Dovea impedir di quelle mura e tuo.
Sopravvivere a te non un istante
Debbo.
Teodoro.               Misera figlia.... io ti perdono.
Lodovica. Che dici?... Oh mio buon padre!
Teodoro.[1]                                                            Eternamente
Da me divisa non sarai: m’inspira
Il cielo. Una havvi al tuo delitto ammenda:
Con quel sacro pugnal vendica, o figlia,
Il genitore, i cittadini, il culto.
Eufemio....
Lodovica.                              Si.... Ma il trucidarlo è tardi:
Chi rialzar può que’ distrutti templi?
Chi a te la vita, a me render la fama?
Nulla il può.
Teodoro.                              Ma dall’arabe catene
Sottrar Sicilia forse puoi; fors’anco,
Spegnendo Eufemio, dal servaggio scampi,
Non che l’Italia, Europa tutta....[2] E indugi?
Lodovica. No, padre, no.
Teodoro.Sien grazie a Dio.[3] Ma il freddo
Mio volto.... il lagrimar tuo più non sento....

  1. Sta seduto e si regge con maggior forza; sebbene ei parli ancora con voce assai distinta, pur si dee conoscere che lo sfogo ch’ei fa, va precipitando i suoi ultimi momenti.
  2. Con ira.
  3. Ricadendo.
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