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atto quarto. — sc. unica 75

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Dove sei, Lodovica?
Lodovica.                                        A te prostrata,
Fra le tue braccia..
Teodoro.                                   Ov’è.... la figlia mia?
Più non la sento.... Ah, le perdoni il cielo.[1]
Lodovica. Padre adorato![2] Ei non è più! No, degna
D’un tal padre io non era: io nol conobbi:
Io l'oltraggiai barbaramente. Avvinta,
Sino alla morte, a questa sacra spoglia,
Starò piangendo i falli miei: nessuno
Strapparti dal mio sen mai non presuma.
Larga scavate quella fossa: io viva
Con lui sepolta esser vogl’io. Ma questa
È insensibile argilla: il padre mio
Più non contien. Dove n’andò lo spirto
Di quell’eroe, cui libertà, possanza,
Gloria dovean queste già serve spiagge,
Al cader suo ridivenute abbiette?[3]
Dal tuo soglio immortal già mi contempli,
E con tue sante lagrime le colpe
Mie scancellare agli occhi dell’Eterno
Ti sforzi, o padre. Io, sì, ti veggio: ardente
È di folgori il Ciel, tu le rattieni.
Che parli? «Figlia, figlia mia, t’affretta!»
Dove? per la notturna aura, oh spavento!
Egli discende, e più terribil tuona
La voce sua. Di quest’acciar favelli?...
T’intendo: «Eufemio!» I passi miei tu guida.[4]

  1. Muore.
  2. Si affanna per soccorrerlo; piange dirottamente, e dopo avere per lungo tempo cercato d’illudersi, esclama con angoscia.
  3. Gradatamente s’alza fuori di sè, e volge gli occhi al cielo.
  4. Parte forsennata.
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