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atto quinto. — sc. ii. 79

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Spettro alzarsi Pacomio: il sen, la faccia,
Tutto era sangue.... e si tergea col manto,
E quel manto scotea sovra il mio crine,
E sclamava: Su te spargo la morte!
Eccolo.... ove m’ascondo?... egli m’insegue...
E oh quanta turba di piangenti spettri
Sorge a’ suoi lati! I cari figli al petto
Ogni madre si stringe, ed alla vita
Vorria tornarli co’ pietosi amplessi....
Io tutta spensi quella stirpe! e avanzo
Di lei sol resta un parricida! Ah, conscio
Di mie colpe io non era: un tenebroso
Spirto m’invase; oh patrii alberghi, oh santa
Religïon degli avi miei, te adoro!
Alla croce mi prostro![1]
Almanzor.[2]                                                  Empio, che fai?
Saracini. Egli bestemmia!
Alcuni altri.                                        È un traditor. S’uccida.
Almanzor. I tuoi fedeli a imperversar costringi.
Olà, rispetto s’abbia al duce nostro:
Non la ragion, l'angoscia in lui favella.
Uno o più Saracini.
Ei bestemmiò il Profeta.
Eufemio.                                                            Il maledico,
E voi seco, e me stesso, e i miei trionfi:
E grato emmi il furore, onde a sbranarmi
Desío che vi scagliate: il traditore
Par man di traditori uopo è che muoia:
Ecco, ferite.
Almanzor.                              Me trafigger prima
Dovrete voi. Questo è il mortal che, acceso
Di fatidico spirto, a noi vittoria
In Europa accennava e all’Alcorano.
Dio fu con lui: se il degradò la colpa,
A Dio punirlo, a noi piangerlo spetta.
Eufemio. Cessa, Almanzor. Io a’ benefizi tuoi
Ingrato son; tu....

  1. S'inginocchia.
  2. Rialzandolo.
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