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80 | eufemio di messina. |
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Almanzor. Saracino io sono.
Eufemio.[1]La tua pietà magnanima.... è il più nero
De’ tuoi misfatti. All’Europeo ramingo,
Nelle arabiche tue tende, ospitale
Ombra e conforto e speme di vendette
Davi, e amicizia: ah, spegnere il dovevi!
Ma infernal l’alma tua d’amistà iniqua
Arse; perocchè lesse entro i miei sguardi
La somigliante orribile natura:
In me l’apostata ami. Esserti grato
No, non mi lice; in te me stesso abborro.
Saracini. Egli insulta Almanzor.
Eufemio. La morte io chieggo,
Dacchè perduta ho Lodovica. Ottuso
Ad ogni senso di virtù è lo spirto
D’uom che de’ suoi compiè la strage: indarno
Me vincer pensi con tue nobili opre:
Io t’abborro, Almanzor; svenami.
Almanzor Ah scerno
Il tuo furente di morir desio!
No, nol crediate, ei non m’abborre: ei stanco
È de’ giorni suoi miseri, e da noi
Vorriali tronchi. Ma s’adduca a forza
Alle navi con noi: que’ sette colli
Ad atterrar rechiamci, onde si sparge
Per mille rivi idolatria: le nuove
Battaglie e il tempo al valor prisco e al senno
Renderanno il sultano.
Eufemio. Io trascinato
Da queste piagge ove, sebbene estinta,
Lodovica evvi, e tutto ch’io più adoro?
Arretratevi, infami. Ecco.... il turbante,
Che a Maometto m’agguagliò, calpesto!
A Maometto pari, un impostore
Audacissimo io fui, se non che inique
Più delle sue son le mie gesta; al regno
Della terra ei le sue genti innalzava,
- ↑ Fa un movimento di riconoscenza, poi passa allo sdegno.