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92 | ester d'engaddi. |
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( Dalla tenda d'Azaria s'ode un suono d’arpa. — Eleazaro giubila ed ascolta con tenerezza. Voce d'Ester canta:)
«Luna e stelle della notte,
Del mattino dolce albore,
Astro, oceano di splendore,
Terra e ciel, chi vi creò?
Siam pensieri d’una Mente,
Raggi siam del vero Sole:
Disse e fummo, nè parole
A nomarlo c’insegnò.
Fulgid’astri, cielo e terra,
Del Signor opre ammirande,
Ah! un’altr’opra Ei fea più grande:
Il mortal ch’Egli animò.»
Eleazaro. Oh voce d’Ester mia! Come all’infermo
Genitor nova inspiri aura di vita!
Oh lunghi i giorni in ch’io ritrar le membra
Non potea da lontano antro romito!
SCENA II.
Viene aperta la tenda, e vi si vede ESTER seduta sul limitare: arpeggia con melodia più malinconica, e poi canta.
Ester. «Ma mesta, o Signor mio, suona la corda
Quando l’ancella tua mira i suoi figli,
E non vede il lor padre, e si ricorda
Che cinto è di perigli.
Stagion tornò di guerra. Il campion mio
È il campion d’Israel: tu lo difendi.
Madre, e solinga, ed orfana son io:
Il mio campion mi rendi.»
Eleazaro.Fia ver? Lunge è Azaria? Che fo? Innoltrarmi....[1]
Ester.[2]Che veggo? A questa tenda incerto il passo
Move canuto peregrin,... s’arresta,...