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Pittura. | 155 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Trattato di archeologia (Gentile).djvu{{padleft:209|3|0]]anteriori alla fondazione di Roma[1]. Le rappresentazioni solitamente si riferiscono ai riti funebri e alla condizione delle anime dopo la morte, banchetti funebri con uomini e donne sedenti su triclini, incoronati con musiche e danze, quasi a indicare la beatitudine dell’anima dopo la morte; caccie, corse, ludi gladiatori, scene mimiche e comiche (ved. tav. 36 e 37), a propiziazione in favore dell’estinto per divinizzarlo, come il cristiano con le preghiere e con le funzioni pei defunti ha fede di contribuire alla sua beatitudine eterna (vedi Atl. cit., tav. XXXII; Achille sacrifica ai Mani dell’amico Patroclo.) Si hanno inoltre rappresentazioni di anime discendenti all’Averno, condotte da genî buoni e da genî mali; soggetti infernali tolti alla mitologia come la tomba dell’Orco a Corneto; genî e divinità infernali fra cui Charun, col naso adunco, lunghi denti, serpi attorgigliati al corpo, carnagione verde. Si aggiungono animali e mostri fantastici, disposti sopra il fregio fra l’incorniciatura e le volte, con fascie di ornamentazione spesso assai belle. La colorazione era anche applicata alle figure scolorite sui sarcofaghi, ornati spesso di pitture a tempera sullo stucco, simulanti l’effetto del bassorilievo[2]. Talvolta nel mezzo delle pareti sono dipinte porte chiuse che, simboleggiano l’ingresso al mondo delle anime, non più rivarcabile, e insieme dividono in due campi la rappresentazione. Le figure staccano con le tinte chiare delle carni, coi colori vivaci delle vesti sul fondo or bruno, or rossastro delle pareti a stucco,