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202 Arte romana.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Trattato di archeologia (Gentile).djvu{{padleft:258|3|0]]dopo tanti secoli ancora oggi sussiste (ved. tav. 47). L’avvallamento fra il Palatino, il Capitolino e il Quirinale, già da Romolo e da Tazio diboscato e in parte prosciugato perchè servisse di convegno alle due congiunte comunità romulea e sabina, fu dai Tarquinî recinto di edifizî; onde ebbe propria forma ed abbellimento quello che si disse il Forum, centro della vita politica di Roma.

A piedi del Palatino fu eretto il circus maximus per gli spettacoli e i giuochi romani (ved. tav. 49), i quali diconsi introdotti, insieme forse con le forme dell’edifizio a ciò destinato, dall’Etruria; da dove, sempre secondo la tradizione, vennero le insegne reali e il costume della pompa trionfale. Ma il Circo non fu allora probabilmente un vero e proprio edifizio, bensì solamente un terreno spianato e reso adatto alle corse, con intorno preparati i posti per gli spettatori. La tradizione, che fa i Tarquinî di origine etrusca, è a sè consentanea quando loro attribuisce opere di costruzione che, per indicazioni antiche e per loro carattere, sono da ritenere di lavoro etrusco. E noi non possiamo contraddire una tradizione così verosimile.

2. Il tempio di Giove Capitolino. — Etrusco di fondamento, di disposizione e di ordinamento architettonico era certamente il tempio Capitolino, che, incominciato da Tarquinio Prisco per voto nella guerra Sabina, fu costruito per mezzo di ingegneri ed operai chiamati dall’Etruria[1] da Tarquinio Superbo, consacrato solo dopo la cacciata di lui, dal console M. Orazio Pulvillo (510 av. C.). Similmente erano etruschi gli aruspici, che dal capo trovato nel porre i fondamenti del tempio avevano vaticinato la futura grandezza di Roma[2].

  1. Ved. Livio, I, 56: Fabris undique ex Etruria accitis.
  2. Livio, I, 55: Arcem eam imperii caputque rerum fore.
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