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Architettura. 205

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Trattato di archeologia (Gentile).djvu{{padleft:263|3|0]]storazione sillana, ci ha lasciato Dionigi (IV, 61), ed è principal fondamento all’ideale ricomposizione dell’edifizio. Basato sopra una costruzione di grossi blocchi a più ordini di gradini, dentro una area di forma quasi quadrata (cioè con proporzione fra la profondità e la fronte come di sei a cinque, (mentre pel tempio greco era di sei a tre) constava di due parti: una anteriore formante il pronao, ornato di un triplice colonnato, cioè con sei colonne sulla fronte, e perciò exastilo, e tre in profondità; l’altra parte posteriore formava la cella della divinità. Da due punti estremi della fronte si stendeva un’ordine di colonne sull’uno e sull’altro lato, in numero di sette. La parte del tempio propriamente detto, ossia la cella, era divisa dal pronao per una grande parete con tre porte conducenti a tre celle, delle quali la mediana e maggiore era quella di Giove, le due laterali minori erano sacre una a Giunone, l’altra a Minerva. Le colonne d’ordine toscanico, disposte a larghi intercolunnî sostenevano la trabeazione, su cui elevavasi il frontone. L’aspetto risultava alquanto greve e tozzo. Il timpano del frontone, secondo l’uso etrusco, era ornato di rilievi di terra cotta; di cotto erano anche una quadriga posta sul culmine del frontone, gli acroterî, e le stesse statue delle divinità nell’interno del tempio. Giove era raffigurato sedente col volto dipinto di minio, e probabilmente vestito con la tunica palmata e con la toga picta, costume dei trionfatori. Le altre due statue di Giunone e di Minerva erano figurate entrambe stanti, come almeno appare da rappresentazioni del tempio sopra monete di Vespasiano e di Domiziano[1].

  1. Donaldson, Architect. num., pag. 6-11, tav. 3; Cohen, Méd. impér. I2, Vespas. n. 409; Domiz. n.174 (?); cfr. Ephem. epigr. VIII 1892, tav. II, 5 (Dressel).
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