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206 Arte romana.

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Come il tempio di Giove Capitolino è la più antica opera architettonica di Roma, così anche quelle statue starebbero fra i primi monumenti plastici che dall’Etruria furono portati in Roma. Autore della statua di Giove e forse della rimanente ornamentazione fittile del tempio dicesi Turanius di Fregelle[1] (ma è assai contrastata lezione), il quale avrebbe fatto pure d’argilla una statua d’Ercole, detta appunto Hercules fictilis.

Si suppone che d’ordine toscanico fosse il tempio di Diana, eretto, secondo la tradizione, da Servio Tullio sull’Aventino come sacrario della lega romano-latina, dove le originali tavole del foedus latinum erano ancora conservate al tempo di Dionigi di Alicarnasso[2].

3. Il tempio e i tre ordini architettonici secondo l’uso romano. — Non si può ben comprendere l’architettura romana quale si presenta dopo queste prime costruzioni toscaniche senza intrattenersi a parlare tosto della forma del tempio quale i Romani riprodussero, modificando quello toscanico con l’influenza greca.

La forma del tempio greco pei Romani più rispondente alle condizioni del rito e della prima forma templare italica, è il prostylos, con questa modificazione che la parte anteriore (pronao) fu avanzata assai più, spingendosi oltre la cella di due od anche di tre ordini di colonne, in guisa che lo spazio occupato dal pronao, misurato dalla parete d’ingresso della cella alle colonne esterne della fronte, eguagliasse in estensione quasi la cella stessa, e la porta della cella, come luogo dell’augure nell’intersezione del templum, si trovasse quasi

  1. Su Turanius ved. Plinio, XXXV, 45.
  2. Sul foedus latinum ved. Dionis. IV, 26: cfr. S. Ricci, Epigrafia latina. Milano, Hoepli, 1898, pag. 160-161.
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