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288 Arte romana.

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II. Artisti greci in Roma.

1. Pasitele, Stefano e Menelao. — Della plastica greca rinnovata in Roma il rappresentante maggiore è Pasitele, nativo dell’Italia Meridionale, la cui attività artistica si estende dai tempi di Pompeo Magno ad Augusto. Egli e lo scolare suo Stefano, e Menelao discepolo di Stefano, sembrano avere con le opere loro cercato non l’espressione di nuovi concetti, ma piuttosto la manifestazione di belle forme secondo i tipi perfetti, lavorando sopra un canone riconosciuto, fusione del canone di Policleto con quello più slanciato di Lisippo, ma con tendenza alla semplicità.

2. Arcesilao. — Altro artista greco che lavorò in Roma, contemporaneo di Pasitele, è Arcesilao, del quale è ricordata da Plinio (XXXV, 155) una statua di Venere genitrice per il tempio a questa Dea consacrato da Giulio Cesare nell’anno 46 a. C.[1]. Significante per il carattere artistico d’Arcesilao è il soggetto d’un opera sua[2]. Aveva scolpito in marmo una leonessa imbrigliata da genietti o da amorini, dei quali alcuno traeva la fiera legata, altri la forzavano a bere versando da un corno, altri la calzavano di pantofole; soggetto che spetta alla classe delle rappresentazioni scherzose erotiche (ἐρωτοπαίγνια), e che dimostra ad un tempo la fantasia leggiadra e vivace dell’artista, e la franca abilità e leggerezza della sua mano, comprovata anche da altra notizia di Plinio, cioè che di Arcesilao, valentissimo nel plasmare, fossero ricercati e caramente pagati i bozzetti o modelli. Altra opera scherzosa ed erotica d’Arcesilao erano i centauri

  1. Ved. Plinio, N. H., XXXVI, 155.
  2. Ved. Plinio, N. H., XXXVI, 41.
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