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Pittura. 307

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Trattato di archeologia (Gentile).djvu{{padleft:373|3|0]]abbia detto con disprezzo: «Va a dipinger zucche?» Anche M. Aurelio s’addestrò nel disegno, avendo avuto insegnamento da maestro greco, Diogneto.


II. Pittori romani della Repubblica e dell’Impero.

Se noi ora dalle considerazioni generali e dal favore imperiale dato alla pittura passiamo a trattare dei singoli pittori romani, vediamo pur troppo scarso il numero di essi, perchè scarse sono anche le notizie, anzi pare che i Romani abbiano contribuito, volontariamente o no, a questa scarsezza di notizie.

1. Ludio paesista. — Nei tempi d’Augusto venne in fama Ludio, pittore di prospettiva e di paesi, che ornava le pareti di vedute campestri e marine avvivate da piacevoli macchiette. Pare che egli abbia dato un nuovo e vigoroso sviluppo alla pittura decorativa.

2. Turpilio veneto, Titidio Labeone Narbonese e altri minori. — Sono citate in Plinio anche un veneto Turpilio, di cui ammiravansi opere in Verona; Titidio Labeone, magistrato nella Gallia Narbonese, rinomato per piccoli quadretti; Quinto Pedio, ed un Fabullo Amulio, che lavorò nella domus aurea di Nerone; Cornelio Pino ed Azzio Prisco, che dipinsero in un tempio all’età di Vespasiano[1]. Plinio aggiunge a quei nomi alcune notizie di curiosità, insignificanti per il valore artistico, e nulla più, cosicchè nulla sappiamo dello stile delle loro opere, nè dell’indirizzo dell’arte loro; pare però che la pittura di tavole, di veri

  1. Plinio, H. N., XXXV, 20.
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