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A GINO CAPPONI.[1]



Come colui che naviga a seconda
  Per correnti di rapide fiumane,
  Che star gli sembra immobile, e la sponda
  Fuggire, e i monti e le selve lontane;
  Così l’ingegno mio varca per l’onda
  Precipitosa delle sorti umane:
  E mentre a lui dell’universa vita
  Passa dinanzi la scena infinita,
  Muto e percosso di stupor rimane.

E di sordo tumulto affaticarme
  Le posse arcane dell’anima sento,
  E guardo, e penso, e comprender non parme
  La vista che si svolve all’occhio intento,
  E non ho spirto di sì pieno carme
  Che in me risponda a quel fiero concento:
  Così rapito in mezzo al moto e al suono
  Delle cose, vaneggio e m’abbandono,
  Come la foglia che mulina il vento.

  1. Ho tentato di rimettere in corso questo metro antico, dal quale, sebbene difficilissimo, credo si possa trar partito per aggiungere gravità e solennità all’ottava. Direi d’usarlo ne’ componimenti brevi; alla lunga forse stancherebbe.
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