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la vestizione.

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Tra i Preti, tra i Taù[1] con quelle vesti,
  Alterar si sentì la fantasia,
  Nè gli pareano più quelli nè questi;

Ma li vedea mutar fisonomia,
  E dall’altar discendere e svanire
  Le immagini di Cristo e di Maria.

Era la Chiesa un andare e venire
  Di fieri spettri e d’orribili larve,
  Con una romba da farlo ammattire.

Crollò il Ciborio, si divelse e sparve;
  E nel luogo di quello una figura
  Magra e d’aspetto tisico gli apparve.

In mano ha la cambial, dalla cintura
  Di molti pegni un ordine pendea:
  La riconobbe tosto per l’Usura

Dalla pratica grande che n’avea:
  Vide prender persona i candelieri,
  E diventar di scrocchi un’assemblea.

Parean Nobili tutti e Cavalieri,
  E d’accordo gridavano al fantasma:
  «Mamma, Pisa per voi doventa Algeri.»[2]

Com’uom che per mefitico mïasma
  Anela e gronda d’un sudor gelato,
  O come un gobbo che patisce d’asma,

Bécero si sentì mozzare il fiato:
  Alzossi e per fuggir volse le spalle,
  Ma gli treman le gambe, e d’ogni lato

Di strane torme era stipato il calle.

  Grullo, confuso
  Rimase lì;

  1. I Taù sono i camerieri o scudieri dell’Ordine.
  2. L’Ordine di Santo Stefano risiede in Pisa.
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