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44 | la vestizione. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:68|3|0]]
Tra i Preti, tra i Taù[1] con quelle vesti,
Alterar si sentì la fantasia,
Nè gli pareano più quelli nè questi;
Ma li vedea mutar fisonomia,
E dall’altar discendere e svanire
Le immagini di Cristo e di Maria.
Era la Chiesa un andare e venire
Di fieri spettri e d’orribili larve,
Con una romba da farlo ammattire.
Crollò il Ciborio, si divelse e sparve;
E nel luogo di quello una figura
Magra e d’aspetto tisico gli apparve.
In mano ha la cambial, dalla cintura
Di molti pegni un ordine pendea:
La riconobbe tosto per l’Usura
Dalla pratica grande che n’avea:
Vide prender persona i candelieri,
E diventar di scrocchi un’assemblea.
Parean Nobili tutti e Cavalieri,
E d’accordo gridavano al fantasma:
«Mamma, Pisa per voi doventa Algeri.»[2]
Com’uom che per mefitico mïasma
Anela e gronda d’un sudor gelato,
O come un gobbo che patisce d’asma,
Bécero si sentì mozzare il fiato:
Alzossi e per fuggir volse le spalle,
Ma gli treman le gambe, e d’ogni lato
Di strane torme era stipato il calle.
Grullo, confuso
Rimase lì;