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Eloquio cita continuamente Cino, e sé appresso, così: Cino in Pistola, e l’amico suo[1]. Tuttavia ei non introduce di niuna maniera il nome di lui nel Poema; e sembra che Gino gliene sapesse mal grado, meno per sé, che per Selvaggia, la donna sua; la quale, morta anch’essa, egli avrebbe voluto veder collocata con Beatrice in Paradiso. Né fu questa la sola conformità tra Dante e Cino; anch"esso poi cacciato di sua patria Pistoja, e per la medesima parte Bianca; anch’esso ramingo per Italia, ed invano reduce con Arrigo VII; ma che invecchiato più che Dante, ebbe tempo a vedere mutata la propria fortuna. Cino, gran giureconsulto di quell’età, n’e riputato il primo poeta dopo Dante, e Dante stesso in quelle citazioni sembra cortesemente porlo innanzi

a sé; ma Petrarca, a cui non incombeva tal cortesia, esaltandolo come primo, mostrò forse la verità di quella osservazione: che nel giudicar degli emuli si suol porre primo chi dovrebbe esser secondo; e secondo, colui che tutti pongono il primo[2].

  1. Vulg. Eloq., lib. I, c.10, 13, 16; lib. II, c. 2,5,6.
  2. Tirab., tom.IV, p.412; V, pag. 306; Ginguené, tom. II, pp.217, 232.
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