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cari e dipartiti. Nella più bella fra le lettere di Dante, scritta nell’esilio, egli accenna a questa, come a principal consolazione di sua vita dovunque si fosse. "E che? Non potrò io d’ogni dove mirare gli specchi (specula) del sole e degli astri? Non d’ogni dove sotto il cielo, speculare dolcissime veritadi?[1]". Quindi, tutto astronomica riuscì la fabbrica del Poema sacro; ed astronomiche sono altre poesie di Dante, e i commenti che ne fece[2]. Ognuno sa poi, che allora l’Astronomia

era tutta nel sistema Tolommaico, della terra situata al centro dell’Universo, con intorno i sette cieli rotanti de’ pianeti Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno; l’ottavo delle stelle fisse, e il nono o primo mobile traente gli altri nel moto universale d’Oriente in Occidente. Tutto ciò è notissimo; ma i periti ammirano in molti luoghi delle opere di Dante le cognizioni di lui, che sembrano superare quelle dell’età[3] . Del resto, a malgrado di siffatto sistema, e così

  1. Ediz. della Minerva, tom. V, p. 120; e vedi più giù l’opera presente, lib. II, cap. XIV.
  2. Convito, Tr. II, c. 3, 4.
  3. Magalotti, Redi, Targioni, Bottagisio e Ferroni, fecero già parecchie osservazioni sulla dottrina di Dante in iscienze naturali. Ma chi le voglia trovare maestrevolmente, e perciò moderatamente, raccolte e comparate colle cognizioni dell’età, vegga il libro citato del Libri, Tom. II, pp. 174-184, e 188.
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