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Corso, ed uno ardito e de’ più famosi della città, come vedemmo Guido Cavalcanti. Ad ogni modo, "messer Corso forte lo temea, perchè lo conoscea di grande animo; e cercò d’assassinarlo, andando Guido in pellegrinaggio a Santo Jacopo, e non venne fatto. Perchè, tornato a Firenze, e sentendolo, inanimò molti giovani contro a lui, i quali li promisero essere in suo aiuto[1]". Tra questi giovani può appena porsi in dubbio che non fosse Dante.


In tutto, s’io m’appongo, non sarà difficile farsi una idea della vita che dovea viver Dante tra tutti costoro, in quel vicinato, su quel canto de’ Pazzi, e intorno a quel San Martino del Vescovo; ed anzi forse, della sua vita domestica tra le stesse mura dell’albergo avito degli Alighieri. Dante, vicino ed amico, ma quantunque de’ grandi o nobili di Firenze, non eguale agli altieri Donati, entrò non senza qualche vanagloria in tal famiglia, come si scorge in un luogo del Paradiso[2]. Ed entrato

  1. Dino, p. 481
  2. Parad, XVI, 113-120.
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