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sieno appresso la sua morte e de’ suoi discendenti)[1], domandato che fosse gentilezza?[2] rispose, che era antica ricchezza e bei costumi. E dico che altri fu di più lieve sapere; chè, pensando e rivolgendo questa definizione in ogni parte, levò via l’ultima particola, cioè belli costumi, e tennesi alla prima, cioè all’antica ricchezza"[3]. Su questo detto, Dante, cittadino grande ma guelfo, e fattosi popolano e partecipante al governo di Firenze guelfa e popolana, aveva fatta una Canzone, in cui, con buonissimi argomenti filosofici, benchè forse (come succede argomentando) co’ peggiori versi ch’egli abbia mai scritti, ei confutava quella orgogliosa, imperiale e ghibellina opinione. Nè ora, commentandola, ei la rinnega; essendo uomo troppo nobile per virtù da voler ricredersi, ed attribuir la nobiltà vera alle ricchezze od al sangue. Ma diventato ora ghibellino, ed incamminato qui in cavillazioni e distinzioni e scuse, gli

  1. Questo dimostra, se fosse mestieri, il Trattato presente scritto regnante Alberto, e così prima del 1307.
  2. Sinonimo allora di nobiltà.
  3. Trat. IV, cap. 3, p. 218.
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