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V.
CHIETI.
L’antica Teate dei Marrucini, variamente appellata nei tempi moderni Tete, Civita di Chieti e Chieti, posta nel citeriore Abruzzo, nelle guerre che, combattute fra gli angioini e i durazzeschi, desolarono il regno in sul declinare del secolo decimoquarto, serbò illibata la fede, dapprima a re Carlo di Durazzo, poscia a re Ladislao, in cui favore il 29 agosto 1591 stringeva alleanza con comuni e baroni, ad contervationem colligatorum et exterminium hostium et rebellium[1]. Assunta al trono Giovanna II, nuova lega stipulavasi in Chieti per mantenere la obbedienza alla regina, il 12 agosto 1414[2]. Avvenuta in appresso la nuova divisione del regno nel 1443, per ordine di Alfonso I d’Aragona, ebbe Chieti privilegii e favori, e fu dichiarata metropoli degli Abruzzi e residenza del vicerè, onde salì in grande splendore, a detrimento delle città che avevano parteggiato per i debellati angioini. Pervenuta ivi poi nel 58 la notizia della morte del re, non tardò la università a felicitarne il successore Ferdinando I; e scoppiata l’anno dopo la prima congiura dei baroni che conturbò il governo di quel monarca, i chietini riunitisi ad altre genti di Abruzzo, ed eccitati dal re medesimo, dal pontefice Pio II e dal duca di Milano Francesco Sforza, gravi travagli tollerarono per conservarsi ligii al loro principe. Del che, domata la ribellione, pensò Ferdi-