< Pagina:Zecche e monete degli Abruzzi.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
82

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Zecche e monete degli Abruzzi.djvu{{padleft:98|3|0]]regiae sanctionis edictum de feudorum successionibus in favorem comitum et baronum regni, a tempore adventus clarae memoriae domini regis Caroli secundi pro abstulendo et separando terram ipsam a demanio praedicto[1]. Nel 1465 incontriamo Guardiagrele di nuovo ricaduta al regio demanio per concessione di Ferdinando I[2]; nel 1505 Consalvo di Cordova vendeva a quella università, in nome del re cattolico, la ottava parte del feudo, atteso la restante era sua[3], dalle quali parole dee ricavarsi che gli abitanti si andassero per denari emancipando dall’importuno dominio feudale; nel 1521 Carlo V faceva offriire Guardiagrele in cambio d’Isernia, la cui investitura era stata illegale, a Guglielmo di Croy marchese di Arscot, che sembra non l’accettasse, o breve tempo la conservasse, se poco stante il feudo fu tutto venduto al comune[4].

Tali furono le precipue vicende della terra di Guardiagrele, nobilitata quanto le più illustri città del regno per la zecca che vi tennero aperta i due figliuoli di Carlo di Durazzo, Ladislao e Giovanna seconda.




  1. R. Archivio di Napoli. Repert. Aprutii citra et ultra, T. I, pag. 40 a tergo.
  2. Giustiniani, Dizionario geografico e ragionato del regno delle Due Sicilie, art. Guardiagrele. Repert. Aprutii, l. c.
  3. Repert. Aprutii, l. c.
  4. Repert. Aprutii, l. c. — Per la parte che presero gli abitanti di Guardiagrele nei moti di Abruzzo del 1647, vedasi il Ravizza, o. c., III, 91.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.