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LXXIII.
Come le donne quasi tutte, cosí ancora gli uomini assai comunemente, e piú i piú superbi, si cattivano e si conservano colla non curanza e col disprezzo, ovvero, al bisogno, con dimostrare fintamente di non curarli e di non avere stima di loro. Perché quella stessa superbia onde un numero infinito d’uomini usa alterigia cogli umili e con tutti quelli che gli fanno segno d’onore, rende lui curante e sollecito e bisognoso della stima e degli sguardi di quelli che non lo curano, o che mostrano non badargli. Donde nasce non di rado, anzi spesso, né solamente in amore, una lepida alternativa tra due persone, o l’una o l’altra, con vicenda perpetua, oggi curata e non curante, domani curante e non curata. Anzi si può dire che simile giuoco ed alternativa apparisce in qualche modo, piú o manco, in tutta la societá umana; e che ogni parte della vita è piena di genti che mirate non mirano, che salutate non rispondono, che seguitate fuggono, e che voltando loro le spalle o torcendo il viso, si volgono e s’inchinano e corrono dietro ad altrui.