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XVIII.
Chi misura la grandezza di un popolo dalle cosidette forze di terra e di mare, dalle espansioni coloniali, dalla celerità dei commerci, dalla prosperità delle industrie, si potrà forse, studiando la Francia contemporanea in confronto alle altre regioni di Europa, consolare facilmente con le cifre delle statistiche.
Ma chi ha fitta in capo la vecchia fisima che primi fattori della civiltà progressiva di una nazione sono le grandi idee morali e sociali che essa promuove, domanderà senza speranza di consolante risposta: Qual missione si è assunta la Francia contemporanea nel concorso della civiltà mondiale? Quali esempi di pubbliche e di private virtù ci dà la sua storia recente? Quali sono i suoi ideali e quali strumenti adopera per affermarli? Quali sono i suoi scrittori universali? Io non vedo al presente che una mezza republica, uscita da un lavacro di sangue cittadino, a braccetto dello storico lacchè dell’impero; una repubblica cocotte barcollante e brancolante fra il prete, il soldato e il carnefice; che, col berretto frigio sulle ventitrè e il vestito con lo strascico, studia allo specchio le riverenze di corte per ballare il minuetto coi re, con lo zarre, col papa.
L’aurora sorgerà da codesto caos: qualche foriero di rinascimento ha già ravvivato la speranza dei pensatori: la revisione del processo Dreyfus e lo sfratto delle congregazioni sono stati due buoni colpi di piccone alla caserma e alla sagrestia. Molto marcio, molta vecchiume bisogna recidere dalla pianta secolare, perchè si rinnovi al sole della libertà, della giustizia, della pace.
La Francia di Voltaire e di V. Hugo non mancherà di coraggio e di perseveranza nell’opera gloriosa, e che essa, in fratellevole intèsa con la nuova Italia, efficacemente coopererà al rinnovamento morale e sociale della vecchia Europa.