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XI.
28 marzo 1910.
I sentimenti dell’uomo, come tutti i fenomeni della vita, sono in perpetua trasformazione; somigliano ai raggi che, allontanandosi dai centri di proiezione, si modificano secondo lo spazio che traversano, assumono il colore delle circostanze, si trasformano apparentemente, ma in sostanza non muoiono.
L’amore della patria, la carità del natío loco si va a poco per volta dilatando in un amore più alto, più diffuso, più generoso, nel sentimento di libertà, di giustizia, di fratellanza universale. Quando ci diciamo cittadini del mondo, non intendiamo che l’amore della patria sia morto nell’animo nostro, vogliamo dire piuttosto che il nostro loco natío è per noi diventato ampio quanto la terra, che tutte le patrie si sono fuse in una sola, che il nostro amore si è diffuso a tutto il genere umano.
Non rinneghiamo dunque, per carità, quel patriottismo, che alcuni ultimi venuti guardano da alto in basso non senza un sorriso olimpico di ragazzetti ignoranti e ingrati; ricordiamo invece, con fremito d’entusiasmo e di venerazione, tutti quei generosi che ci hanno delle loro ossa innalzato un monte, dalla cui cima gloriosa, se abbiamo la forza di sollevarci a tanta altezza, possiamo contemplare tranquillamente gli orizzonti della gloria illuminati dall’aurora dei nuovi ideali dell’umanità.