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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti italiani
PER FAMOSA CANTATRICE.1
Questa superba Dea del ciel di Francia,
Che, vana ancor d’un appassito alloro,
Sogna i trionfi e il plauso alto e sonoro
De’ più bei dì che le fiorìa la guancia,
Non paga pur che italica bilancia,
Come al suo Brenno già, le pesi l’oro,
Sprezza la mano che il civil tesoro
Profonde in trilli ed in canora ciancia.
Badi però, che sorgeran Camilli
A rovesciar quella bilancia sozza
Ove senno e virtù cedono ai trilli.
E per dio cesseranno i tempi indegni
Che a disbramar la fame d’una strozza
È poco il censo che distrugge2 i regni.
Perugia, 10 settembre 1834.
- ↑ La signora Enrichetta Meric-Lalande, la quale cantò a Perugia nella Straniera di Bellini, e nel Barbiere di Siviglia e nella Semiramide di Rossini. [Questo e il seguente sonetto, prima di essere dall’autore inseriti, senza i nomi delle due cantanti, tra i suoi Versi inediti stampati a Lucca dalla Tipografia Giusti nel 1843, avevano corso manoscritti tutta l’Italia, e furono anche pubblicati dal Brofferio nel Messaggere Torinese, n. 19 del detto anno, suscitando una vera tempesta di approvazioni e di biasimi, della quale ho già fatto cenno nella nota 6 del sonetto: La Scerriti, a pag. 211 del vol. V. Qui aggiungerò che, mentre alcuni, per questi sonetti, paragonavano il Belli a Tersite, e insinuavano perfino che volesse rovesciare altari e troni, Pier Alessandro Paravia a Venezia, Antonio Mezzanotte a Perugia, e il prof. Pietro Venturi a Roma gli facevano eco con altri versi. Il Venturi, anzi, leggeva e illustrava tra tt applausi universali„ all’Accademia Tiberina i due sonetti incriminati, e due delle indecenti risposte fatte con le stesse rime. V. il giornale romano La Rivista, del 31 luglio 1843.]
- ↑ [Cosi in una copia autografa, mandata dal Belli al suo amico Giacomo Ferretti. Ma nell'ediz. di Lucca, e nella cit. Rivista, è stampato: tien saldi, e se ne capisce il perchè.]
Note
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