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per un fanciullo.
Tu che fra i pruni con incerto passo
T’apri il sentiero, sosta, o pellegrino,
3Nè ’l titolo spregiar di questo sasso.
Poco più di due lustri il mio destino
Viver mi diede; frale e passeggero,
6Crebbi nudrito come un amorino.
Attinsi di Pitagora il pensiero;
De’ sofi ricercai gl’incliti detti;
9Svolsi il volume del divino Omero:
Nè tedio gl’inamabili precetti
D’Euclide mi recar; chè mille il core
12M’allegravano intanto agi e diletti.
Ilaro, il mio buon padre e mio signore,
Questo fatto m’aveva ozio giocondo,
15Se il niveo fil non recidean le Suore.
Or per le valli d’Acheronte al mondo
Lontano degli spiriti m’avvio
18Gli astri a veder del Tartaro profondo.
Speme e beltà, ricchezze e pompe, addio!
Io non son più per voi: ludibrio e scherno
21Fatevi or d’altri, se vi piace: il mio
Seggio è qui fisso; io qui dimoro eterno.