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Questo testo fa parte della raccolta Bernardo Morando
VI
L’AMANTE E GLI OCCHIALI
Per vagheggiarti, Ermilla, a mio diletto,
di sferici cristalli i lumi armai;
ché se per te mancò giá spirto al petto,
or luce agli occhi, ecco, mi manca omai.
Fui lince pria, ma poi che gli occhi alzai
de’ tuoi begli occhi al troppo chiaro oggetto,
quasi gufo dal Sol vinto restai:
nacque da la tua copia il mio difetto.
Indi per tua fierezza io piansi tanto,
che questi umori incristalliti in giro
da le vene del cor trassi col pianto.
Ma che pro, s’a me l’alma onde t’adoro
manca, non che la luce onde ti miro?
Se miro, abbaglio, e se non miro, i’ moro.
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