< Poemetti (Rapisardi)
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Don Josè XII
Don Josè XI Don Josè XIII


 
Sedevo a cena sotto i cedri in fiore,
Splendea sereno il plenilunio ; intorno
S’addormivano i campi ; e la pensosa
Tranquillità dell’ora, il casto lume
5Del cielo, il canto delle assidue rane
Ondeggiante a la placida campagna,
Vaporosa al respir novo d’aprile,
Persuadeano al mio spirito un mesto
Desiderio di pace alta, infinita.
10Intento, più che al cibo, era il mio sguardo
A un sorriso di mar, che scintillante,
Fra una siepe s’apria d’alberi foschi;
E già per quella via d’oro e d’azzurro
Veleggiava il pensier, quando uno strano,
15E orrendo potrei dire, ospite venne;
Una forma indistinta, un mucchio vivo
Di cenci e di lordura, ove tra un fitto
Orror di peli luccicavan due
Occhi o punte d’acciaro insanguinate,
20E più sotto una chiostra aspra di bianchi
Denti di belva. E come belva in antro,
Ringhiando entrò; di fronte a me si assise,
E allungando la branca ischeletrita,
M’indicò sghignazzante il cibo e il vino,
25Fra ribrezzo e pietà tutto io gli porsi;
Egli, il tutto in due parti eque diviso,
L’una in corpo cacciò, l’altra a me spinse,
Indi satollo e barcollante sorse ;
Mi battè sulla spalla e « Addio fratello »,
30Con un beffardo mugolio mi disse ;
E tale un guardo mi lanciò, che in seno
Balzar sentii, qual battuta onda, il sangue.
Ed io, non so perchè, sin da quell’ora
Colpevole mi sento, e quel suo sguardo
35In cor mi sta, come un pugnal, confitto.

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