< Poesie (Fantoni) < Idilli
Questo testo è completo.
II. Il simulacro
Idilli - I. Il dove Idilli - III. La solitudine

II

Il simulacro

1
     Al tepido spirar di primavera
sotto ridente siepe, avea d’Amore
per Licori scolpito in molle cera
un idoletto Melibeo pastore;
cinta la fronte, a quel, dei primi fiori
e di tenero mirto avea Licori.
2
     Sovra candida pietra, a cui facea
puntello un tronco della siepe, il sacro,
coronato di rose, altar sorgea,
ove posa la ninfa il simulacro;
e, acciò dal gregge non cadesse offeso,
l’avea di canne il pastorel difeso.
3
     Giá il quarto dì riconduceva maggio
ad ingemmar le foglie, e il nuovo giorno
lusingava, nascendo, il biondo raggio
sovra i monti vicini a far ritorno,
quando Licori e Melibeo dipoi
al pascolo guidar l’agnelle e i buoi.
4
     Piccola tasca al pastorel pendea,
cinta di pel di lupo, al lato manco,
e, gravida di vino, gli scendea
una fiasca di faggio sovra ’l fianco,
e sotto il braccio, dalla parte destra,
un fascio avea di mirto e di ginestra.

5
     Licori bella, che le nevi alpine
vince in candore, da l’arcate ciglia,
di timo e persa coronata il crine,
che morbida di corvo ala somiglia,
un canestro portava, in cui ripose
i primi gigli e le rinate rose.
6
     Dov’era meta al diverso viaggio
su bipartita via quercia superba,
degli anni avvezza a tollerar l’oltraggio,
Melibeo si colcò fra i fiori e l’erba;
lo raggiunse Licori, ed ambo il passo
volsero allora al venerato sasso.
7
     Prima la ninfa su dell’ara pose
il ripieno di fior nuovo canestro,
poi ’l grave incarco il pastorel depose,
e il sacro n’adornò loco silvestro;
l’altar ne cinse, e di corolle pronte
vestì la siepe e se ne ornò la fronte.
8
     Aridi sterpi sul sentier raccolse,
che dispose su l’ara a poco a poco,
percosse un sasso con l’acciaro, e tolse
pel sacrifizio il destinato fuoco;
destò la fiamma, ed il panier vicino
devoto offerse e lo lustrò col vino.
9
     — Nume — diss’egli, — che dei nostri cuori
proteggi amico l’amorosa face,
veglia sempre custode ai nostri ardori,
e difendi dal ciel la nostra pace;
fa’ che le rose il mio piacer somigli,
e la fé nel candor superi i gigli. —

10
     Cresce la fiamma mentre ei parla e strugge
dei strali il dio, che le contrasta invano;
piange Licori sbigottita e fugge;
cade la fiasca a Melibeo di mano;
fra mille dubbi ondeggia a l’ara innante;
ma il simulacro oblia, segue l’amante.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.