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VII. Il testamento
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VII

Il testamento

1
     Alessi il saggio, a cui l’ingiusta sorte
non die’ in retaggio che un’umil capanna,
su picciol letto di palustre canna
stava tranquillo ad aspettar la morte;
e intorno al letto gli piangea smarrita
la tenera famiglia sbigottita.
2
     Sollevando gli azzurri occhi languenti:
-Figli — disse il buon vecchio, — ah! non temete:
vi sará padre il ciel, se mi perdete.
Protegge i sfortunati e gl’innocenti:
fu mio custode ancora, e senza affanno
giunsi contento all’ottantesim’anno.
3
     Fertili campi o di lanose greggi
io non vi lascio, è vero, un pingue armento,
non copia inutil di mal cerco argento,
che al timido Damone vi pareggi;
ma un cuor vi lascio, ove i desir d’un empio
non son: le mie virtudi ed il mio esempio. —
4
     Spirò; e alle grida dei fanciulli e al pianto
lasciar l’ovile e accorsero i pastori:
pietosi consolar Tirsi e Licori,
e alzar la tomba alla capanna accanto.
Crebber ambo in virtú: splende famosa
nelle selve Licori e madre e sposa.

5
     Tirsi è l’amore dell’Arcadia: vive
saggio e tranquillo nel paterno ostello.
Ognor presente è la memoria a quello
del caro genitor, che in lui rivive;
e con Licori, ogni novella estate,
sparge di caldo vin l’ossa onorate.

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