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XVII. A Nisa
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XVII

A Nisa

(1785)

     Che pretendi da me? lasciami in pace,
Nisa infedel: da quest’inique mura
fuggir vogl’io; di sostener capace
4piú l’aspetto io non son d’una spergiura.

     Piú del nativo mar varia e fallace,
ardi nel sen di nuova fiamma impura;
parlano i sguardi, ed un sogghigno audace
8palesa agli occhi altrui la mia sventura.

     Ride ed esulta il mio rival contento;
ma forse a paventar gl’insegna Amore
11nel mio barbaro esempio un tradimento.

     Pensaci e trema: io da te lungi, intanto,
il cielo placherò col mio dolore,
14e il tuo delitto laverò col pianto.

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