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X
Scherzo
Passò quel tempo omai,
in cui, di amica Venere
fra i lusinghieri inganni,
ridendo mi fuggivano
5non conosciuti gli anni.
Di due vezzosi rai
e di una bionda treccia
in servitú vivea,
e, pago del mio laccio,
10il laccio mio stringea.
Cinta di fresche rose,
di mirto amico a Venere,
la cetra mia pendea,
e al susurrar di Zeffiro
15fremente rispondea.
Scuotevansi amorose
invan l’Ore volubili;
frenate dal desio,
negando si arrestavano
20in sen dell’idol mio.
Or bianco-grigie chioma
algenti mi circondano
inutile la fronte:
ricerco invan la cetera,
25novello Anacreonte.
D’un adorato nome
al pronunziar, riscuoterla
cerco sovente invano:
pronta non vuol rispondere
30alla sprezzata mano.
Scherzi, Lusinghe, Amori,
un giorno avvezzi a reggerla
ed a temprar, fra i suoi
vezzi, le corde tremole,
35io la consegno a voi.
Di rugiadosi fiori
lasciva coronatela;
quel dio che me la diede,
cotanto amico a Fillide,
40ne sia felice erede.