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XLI
PER LO MEDESIMO.
Poichè le membra de’ Giganti immense
Nella Titania guerra
Arse e fumanti a terra
Giacquer trofeo delle saette accense,
5Apollo Arcier sulle Castalie cime
Cinto d’allor se ne volò sublime;
E con la cetra, onde ne’ sensi interni
Tanti sparge diletti,
In modi alti ed eletti
10Disse il valor de i fulmini paterni,
Indi alle Muse, che danzando fisse
In lui tenean le belle luci, ei disse:
Io per queste di Pindo aure serene
Canto di Giove i tuoni;
15Voi sì temprate i suoni,
Ch’illustriate d’onor l’armi terrene,
E ne’ rischi di Marte aspri e crudeli
Non senza voi cor valoroso aneli.
Al così dir Parnaso alto risuona:
20Ma dal suo dire accese
Sull’onorate imprese
Furo a cantar le Ninfe d’Elicona;
Ne mai di Pindo in cima apparver mute
Grande nel mondo a celebrar virtute,
25Or, bella Euterpe, infra le man soavi
Stanca musica lira,
E te cantando ammira,
Carlo, spron de’ Nipoti, onor degli Avi,
Per l’empia gente alto terror non manco,
30Che alpe nevosa al peregrin già stanco.
Alma, da’ chiusi porti esce giocondo,
Ma per ampio Oceáno
Nocchier stanca la mano,
Battendo il seno di Nettun profondo,
35O trema in rimirar sotto l’antenne
Rapide troppo le tessute penne.
Anima, eccoci intorno un mar che freme;
Mar che nasconde i liti,
Sì di pregi infiniti
40Ricco sen va de’ Lotaringhi il seme;
Or dove accorti volgeremo il legno?
Ratto varchiam di Palestina al Regno.
Colà Goffredo, il sì ad ognor cantato
Sterminator degli empi,
45Trasse il maggior de i Tempi
Da troppo vile obbrobrïoso stato,
E ruppe i crudi ceppi, in che languiva
L’alta Regina d’Israel cattiva.
Ma lassi noi, ch’or di Sion le mura,
50E le sacrate selve
Fansi tana di belve,
E la gran Tomba è di rei Cani usura,
E fian nostre di lei speranze vote,
Se pur non le n’adempie il Gran Nipote.
55Che d’arme cinto adamantine, ardente
Intra fulgidi lampi,
Corre di Francia i campi,
Quasi orribile turbine fremente,
Sembrando in fra il dolor dei propri danni
60Cometa sórta a minacciar tiranni.