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XLIX.
A CAROLINA
L’onesto detto, il verecondo viso,
3Furon dunque menzogna!
Nè t’acciecò la disperata fame,
Nè d’un amante la lusinga infame
6Ti spinse alla vergogna,
Quando la prima volta al bacio osceno
Nudo porgesti il giovanil tuo seno
9E la guancia rosata,
Quando la veste verginal scingesti
Sulle coltri del ricco e ti facesti
12Cortigiana sfacciata!
Ma nel cor vile e nella mente rea
Libidinosa cupidigia ardea
15Allor che in orgie liete,
Non arrossisti al nome vil di druda
E, calda Frine, spasimasti ignuda
18In lascivie secrete!
Strisciati dunque d’una donna ai piedi,
O giovinetto, e delirando chiedi
21Baci, carezze, amori;
Piangi, sanguina, impreca e derelitto
Trascinati alla tomba od al delitto:
24Ecco l’idol che adori!
Ecco la donna! Il duol tuo disperato
Per lei sarà trionfo e le fia grato
27Il rider de’ tuoi pianti,
Il novellar dell’amor tuo tradito
Nelle impudiche veglie e nel convito
30Tra le tazze spumanti.
Deh, guardate! L’amor che le sfavilla
Nel molle tremolar della pupilla
33Ella non l’ha nel core:
I blandi detti suoi sono mendaci,
Il sorriso è bugiardo, i lunghi baci
36Non son baci d’amore!
Ecco il pudor vantato, ecco la bella
Modestia femminil che il mondo appella
39Alito sovrumano!
O invocata virtù dove t’ascondi?
Ti chiedemmo all’istoria, al cielo, ai mondi,
42Ma ti chiedemmo invano.
Quasi un candido vel tu ci parevi,
Quasi un dolce mistero, e contendevi
45Alle mortali brame
Un’incognita Dea; ma ti strappammo,
Ma dietro al bianco vel non ritrovammo
48Che una baccante infame!