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Niccolò Franco - Priapea (1541)
CVII
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CVII.
Mentre che i dumi e le mal’erbe ancide
D’Arezzo l’ortolan Divo onorato,
Nè può godere il frutto disiato,
4Dice qual uom, che per morir si sfide.
Lappole all’orto mio nimiche infide,
Per cui langue ogni rastro, e pur piegato
Il vomer resta, che nel solco entrato
8Per l’erbroso terren s’inaspra e stride.
A voi non rida il Sol, ma pigro gelo
Di freddo scorno vi ricopra il volto,
11Nè il vostro dritto unqua vi renda il cielo.
Poichè il giardin rendete ispido e folto;
Nè resta mai che per cangiar di pelo,
14E per ben coltivar non paja incolto.
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