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Traduzione dal latino di Giacomo Zanella (1868)
I secolo a.C.
Questo testo fa parte della raccolta Versi di Giacomo Zanella


PROMESSA.

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Carme XXXXV dello Stesso.

(Imitato liberamente.)

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     Accanto alla sua Fillide
Elpino un giorno assiso
Così dicea fissandole
4Le ardenti luci in viso:

     «O mia delizia, o Fillide,
Mia vita, se non t’amo,
Il resto del mio vivere
8Trapassi oscuro e gramo;

     Gioie per me non rechino
Autunno o primavera;
Cinto di foschi nuvoli
12Corra il mio giorno a sera.

     Se di tua fè dimentico,
A’ giuri miei bugiardo
Tu mi vedrai rivolgere
16Ad altro volto il guardo,


     Di subita caligine
Si velin gli occhi miei.
Mesta vederti e vivere
20No, cara, io non potrei.

     Ma t’amo: inestinguibile
Per te m’accende amore;
Io t’amerò, mia Fillide,
24Insino all’ultime ore.»

     Diceva; e quell’ingenua
Strettasi al sen tremante,
Cader lasciava un fervido
28Bacio sul bel sembiante.

     Sorrise Fille; e in porpora
Tinta il modesto aspetto
Rispose in questi teneri
32Accenti al suo diletto:

     «Il ciel così propizio
Al nostro amor sorrida.
Come fo giuro d’esserti
36Ognor costante e fida.

     Compagno de’ miei gaudii,
Compagno degli affanni.
Mi vestirai d’un roseo
40Lume il sentier degli anni.


     Oh, come m’arde l’anima
Del latte del mio petto
Nudrir vezzoso bambolo
44Pegno del mutuo affetto!

     Oh, come anelo accoglierlo
Vispo su’ miei ginocchi,
E la paterna immagine
48Mirar ne’ suoi begli occhi!»

     Qui tacque Fille; e al tacito
Garzon che tutto ardea,
I rai chinando, il bacio
52Dolcissimo rendea.

     Così nel casto vincolo
Felici amanti e sposi
Fille ed Elpin consumano
56I giorni avventurosi.

     Elpin della sua Fillide
Sol è beato, e Fille
Ha messo ogni suo gaudio
60D’Elpin nelle pupille.



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