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PROMETEO
― DI LORD BYRON ―
Titano! tu con gli occhi immortali vedesti nella trista loro realtà gli affanni umani, come cose che mal si trascuravano dagli Dei; ma qual era il premio della tua pietà? Un soffrire tacito, intenso; la rupe, l’avvoltoio, e la catena; – tutto il dolore che possono sentire i superbi, tutta l’agonia che non rivelano mai, – quel senso soffocato d’angoscia, che non parla fuorchè nella sua solitudine, e teme geloso, che il cielo non abbia un orecchio per ascoltare, nè vuol sospirare finchè la sua voce non sia rimasta senz’eco.
Titano! a te fu data la lotta tra il soffrire e il volere, cose che tormentano in quella parte che non può morire. E il cielo inesorabile, e la sorda tirannia del Fato, il principio dominatore dell’odio, che per suo trastullo crea le cose che può annientare, ti rifiutarono la sorte del morire: – un miserabile dono fu tuo l’eternità, e tu l’hai ben sopportato. – Tutto ciò che il Tonante strappò da te, fu solo la minaccia che gli lanciasti contro negli spasimi della tortura. Ben tu leggesti nel Fato, ma per placarlo non volesti ridirglielo; e nel tuo silenzio fu la sua sentenza, e nella sua anima un inutile pentimento, e una paura così mal dissimulata, che i fulmini gli tremavano nella destra.
Il tuo celeste delitto fu l’essere umano, e sminuire coi tuoi precetti la somma delle umane miserie, e afforzare l’uomo della sua propria mente; ma tradito come fosti dall’alto, pure dalla tua tranquilla energia, dalla tua pazienza, e dalla repulsa del tuo spirito impenetrabile, che Cielo e Terra non poterono scuotere, ereditammo una potente lezione: Tu sei simbolo e segno al mortale del suo destino, e della sua forza; l’uomo, come te, in parte è divino, torbido rivo d’una pura sorgente, e l’uomo in parte può prevedere il suo funesto destino, le sue sventure, la sua resistenza, e un’esistenza mesta, solitaria; al che il suo spirito può opporre sè stesso, scudo a tutti i mali, – e un saldo volere, e un senso profondo, che valga a scoprire, concentrata anche nei tormenti, la sua ricompensa; che trionfi dovunque osa, ed aspira, e converta la morte in vittoria.
― 18381 ―
- ↑ Dalla Viola del Pensiero, Anno I.