< Prometeo legato
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Eschilo - Prometeo legato (V secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1922)
Canto d'ingresso
Prometeo Primo episodio




CANTO D’INGRESSO


Su le piú alte vette giunge e si posa un cocchio alato entro cui sono
dodici bellissime fanciulle: le Oceanine.



Strofe I
Non temer: questa schiera è a te benevola,
che con gara di penne
agile a te qui venne.
Qui m’addusser del vento i soffî rapidi,
poi che del padre a stento ebbi il consenso.
Come echeggiò dei ferrei colpi l’eco
nel fondo del mio speco,
ogni pudico senso
discacciato da me,
scalzo lanciai su alato cocchio il pie’.
prometeo
Ahimè, ahimè!
O progenie di Teti feconda,

o figliuole del padre Oceàno
che di sé cinge tutta la terra
con le insonni fluenti, guardate
e vedete, in che lacci costretto,
questa dura vigilia m’è forza
sostenere sui culmini eccelsi
di questo dirupo.

Antistrofe I
Prometèo, veggo. Ed una fosca nuvola
di lagrimose stille
mi preme le pupille,
te contemplando in lacci indissolubili
su questa roccia, a misero tormento.
Ma novello signor l’Olimpo regge;
ma con novella legge
or Giove a suo talento
lo scettro impugna, e tutto
che prima ebbe potere or vuol distrutto.
prometeo
Oh!, se sotto la terra, se al fondo
dell’Averno che accoglie i defunti,
se m’avesse, di lacci insolubili
tutto avvinto, con furia selvaggia
giú scagliato nel Tartaro illimite,
si che niuno dei Numi o degli uomini
di mie pene gioir non potesse!

Ora invece, ludibrio dell’aria,
debbo, ahi tristo!, coi miei patimenti
dar gioia ai nemici.
coro
Strofe II
Qual Nume è sí crudel, che di tue pene
possa il cuore allegrar? Chi non partecipa,
tranne Giove, i tuoi strazi?
Giove solo implacabile, con furia
perenne, oppressa tiene
la stirpe degli Urani:
né starà, che il suo cuor prima non sazi,
o alcun non valga l’arduo
poter con qualche frode strappar dalle sue mani.
prometeo
Pur, bisogno di me, ben che stretto
ne l’obbrobrio di dure catene,
il Signore dei Superi avrà,
per conoscer la trama novella
che poter deve togliergli e scettro.
Né potrà con melliflua lusinga
di scongiuri molcirmi; né téma
di minacce saprà sgomentarmi,
che il segreto gli sveli, se innanzi
non mi sciolga dai lacci selvaggi,
non s’induca a pagare la pena
di questa ignominia.

coro
Antistrofe II
Ben ardito sei tu: ché non ti prostra
il tuo supplizio amaro; e troppo libera
la tua lingua disciogli.
Ma noi temiam per la tua sorte; e penetra
terror l’anima nostra.
Dove sarà che approdi
il termine a veder dei tuoi cordogli?
Ché cuore inesorabile
il figliuolo di Giove serba ed impervî modi.
prometeo
Bene so ch’egli è acerbo, ed in pugno
tien giustizia. Ma pure, mi credo,
diverrà l’umor suo ben piú mite,
quando queste sventure lo fiacchino;
e appianata la furia implacabile,
dovrà chiedermi un giorno amicizia
e concordia; né io m’opporrò.


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