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SECONDO CANTO INTORNO ALL’ARA
coro
Strofe I
Deh!, Giove che dominio
ha su tutte le genti.
mai non s’opponga alle speranze mie:
deh!, ch’io mai non sia tarda a offrire ai Superi
di bovi epule pie,
presso del padre Ocèano
all’eterne fluenti:
mai non mi sfuggano empie
parole: ognor nel seno
pietà mi regni, e mai non venga meno.
Antistrofe I
Dolce cullare l’animo
di letizie serene:
dolce nutrir, sin che la vita dura,
ardue speranze. Ma, se te, Promèteo,
d’infinita sciagura
io veggo oppresso, un brivido
corre per le mie vene.
Ma tu, fiero, non trepidi
del Signor dei Celesti,
ed ai mortali troppo onore presti.
Strofe II
Ecco quali mercedi
sono or compenso, amico, alle tue grazie.
Dove or trovi negli uomini
alcun sostegno, alcun soccorso? Vedi
la fiacca inettitudine,
simile ai sogni vani,
che, in ceppi, degli umani
stringe le cieche torme?
Non mai voler d’efimeri
potrà di Giove vïolar le norme.
Antistrofe II
E questo, Prometèo,
appresi nel veder tua sorte misera.
Oh!, ben diversi suonano
questo mio canto d’ora, e l’imeneo
che dal mio labbro al talamo
tuo si levò d’attorno
e ai tuoi lavacri, il giorno
che sposa alla tua casa
la mia sorella Esíone1
venne: ché i doni tuoi l’ebber suasa.
- ↑ [p. 354 modifica]Esione era una delle tante figlie d'Oceano. Secondo Acusilao, andò sposa a Prometeo, e da loro nacque Deucalione (il Noè della mitologia greca), che secondo una piú comune versione sarebbe stato invece figlio di Prometeo e di Climene.